domenica 18 novembre 2007

Io ho paura dell’uomo nero

Io ho paura dell’uomo nero

Io ho paura dell’uomo nero, ho paura del silenzio, ho paura dell’impunità, ho paura dell’indifferenza, dei giorni che passano senza che si faccia nulla, dell’oblio, del tirare avanti, dell’egoismo e della mancanza di solidarietà, della distanza che ci sta separando.

La notte tra il 13 e il 14 ottobre è stato assassinato, nel Carcere di Capanne a Perugia, Aldo Bianzino, un uomo di 44 anni, arrestato due giorni prima, insieme alla sua compagna Roberta, per possesso di piante di marijuana. Infarto dichiara il primo referto medico, secondo una prassi più che conosciuta, ma la seconda prova medica riscontra sul corpo di Aldo gravi contusioni al cervello, alla milza, al fegato, e diverse costole rotte.

E Aldo è morto. Come? Perchè? Chi è Stato?

L’accusa è di omissione di soccorso per i poliziotti incaricati di sorvegliare i detenuti quella notte.

Vogliamo chiarezza sui lati oscuri di questa vicenda.

Non ci basta una inchiesta aperta su un omicidio volontario contro ignoti, vogliamo che nessuna certificazione falsa e nessuna omissione omertosa incida sulla certezza della verità.

Vogliamo che la responsabilità della morte di Aldo sia assunta colettivamente, non sia attribuita solo all’istituto penitenziario ma al suo sistema carcerario.

Il caso di Aldo è troppo simile a quello di Giuseppe Ales, Federico Aldrovandi, Alberto Mercuriali, Marcello Lonzi, tutti figli di una sorta di "spontaneismo intollerante" che agisce violentemente contro gli stili di vita non omologanti.

Inoltre le loro e altre storie di violenze, morti e silenzi di Stato ci raccontano che nessun passo verso verità e giustizia si può fare se tutto viene delegato alle istituzioni.

E’ tempo di costituirci in comitato per la verità su Aldo, perchè non ci fidiamo di uno Stato che processa se stesso e che alla fine finisce sempre per autoassolversi o al massimo nel trovare un capro espiatorio che paghi al posto di un sistema che rende normale la violenza istituzionale e la tortura: quando la tortura non è reato il carcere uccide!

Vogliamo la verità, vogliamo che a nessun’altro succeda quello che è successo ad Aldo.

Vogliamo l'abrogazione della legge fini giovanardi.

Vogliamo vivere la nostra sicurezza, la nostra vita.

Vogliamo disinnescare le paranoia securitarie e arrestare le aggressioni proibizioniste, disattare le dinamiche di esclusione e di controllo sui corpi.

Vogliamo una municipalità altra, fatta di cittadinanze attive e partecipazione.

La sicurezza che vogliamo è sicurezza sul lavoro.

La sicurezza che vogliamo è sicurezza di avere un reddito.

Un paese che tortura chi coltiva una pianta e criminalizza gli stili di vita difficilmente può essere chiamato un paese civile.

Non vogliamo bugie, mistificazioni, insabbiamenti.

A chi chiede piu' carcere chiediamo verità e giustizia.

Oggi Trasformiamo la nostra paura in azione.

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